Rendezvous con il terrore by Norbert Davis

Rendezvous con il terrore by Norbert Davis

autore:Norbert Davis [Davis, Norbert]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-07-12T16:00:00+00:00


Capitolo settimo

Doan uscì sull’Avenida Revolución e gli sembrò ora che la strada avesse un nome appropriato. Aveva l’aria di aver appena passato una rivoluzione o comunque che una fosse passata di lì. Tegoli rotti formavano dei mucchi e un tubo da stufa, rovesciato su un muro, occhieggiava malignamente come un cannoncino ricurvo. Una casa al di là della strada aveva perduto il muro della facciata e i suoi proprietari saltellavano dentro come attori comici sul set di un film. Facevano un fracasso che sarebbe stato sufficiente per un massacro, ma nessuno di loro sembrava ferito.

Proprio davanti a Doan, un bambino sedeva in mezzo alla strada con gli occhi chiusi, i pugni stretti e la bocca spalancata. Stava strillando vigorosamente e nessuno gli prestava la minima attenzione.

Doan si diresse verso di lui. — Ehi, piccoletto. Dove ti sei fatto male?

Il bambino interruppe i suoi strilli e aprì gli occhi con circospezione. Squadrò Doan e poi vide Carstairs. La sua bocca formò un tondo O di ammirazione. Guardò ancora Doan ed esibì un sorriso accattivante. Gli mancavano tre denti davanti.

— Dai un soldo.

Doan glielo diede. Il piccolo lo provò addentandolo con un paio dei denti rimasti.

— ’azie — disse.

Mise con cura la moneta nella tasca della camicia tutta strappata, chiuse gli occhi e spalancò la bocca. Ricominciò a strillare esattamente da dove era rimasto.

Doan continuò a camminare per la strada. Le case, e apparentemente anche i loro abitanti, erano per la maggior parte intatti. Pezzi di tetto crollato e vetri rotti brillavano pericolosamente e porte aperte ciondolavano come ubriachi sfiniti. Le donne saltavano e correvano e urlavano, e i bambini strillavano. Gli uomini si davano febbrilmente da fare a portare gli oggetti fuori dalle case nella strada e poi di nuovo dentro le case.

Doan scese per la strada ripida fin nella piazza del mercato. Qui c’era ancor più fracasso e ancora meno criterio. Il terremoto aveva rovesciato i banchetti e fatto rotolare le mercanzie nei fossetti di scolo in mucchi alla rinfusa. I proprietari, ed evidentemente qualche non-proprietario, litigavano e si azzuffavano sui mucchi come cornacchie nere.

Doan trovò Bartolomé seduto su un cumulo di macerie alto tre metri. Bartolomé era ripiegato in avanti e si teneva la testa tra le mani.

— È ferito? — domandò Doan.

— Sto morendo — disse Bartolomé.

— Non sembrerebbe — gli disse Doan. — Dove ha parcheggiato l’autobus?

— Sotto — disse Bartolomé, indicando verso il basso.

Doan fissò la montagna di macerie. — Vuol dire che l’autobus è sotto tutto questo?

— Sì — disse Bartolomé, reso dignitoso dal dolore. — È una catastrofe oltre la ragione.

— Dove sono gli altri passeggeri?

— Non lo so — disse Bartolomé. — E non mi importa. Di passeggeri ce ne sono tanti in più, di autobus solo questo in meno. È insopportabile.

Un giovane magro e affannato in una uniforme kaki tutta sporca attraversò di corsa la piazza venendo verso di loro. Disse a Doan: — Dispenseme, señor, pero donde està…

— Non parlo spagnolo — lo interruppe Doan.

— Inglese? — chiese il giovane. — Bene.



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